16 Mag Alla scoperta del Monte Catria: itinerari e curiosità
Alla scoperta del Monte Catria: itinerari e curiosità
Il Catria, la montagna più alta del tratto appenninico delle Marche che va dai Sibillini alle montagne del bolognese, offre paesaggi ed esperienze uniche da scoprire tutto l’anno.
Storia delle origini, fino al Paradiso di Dante
Il suo nome deriverebbe dal latino “Cathedra” ovvero “cattedra” intesa come seggiola più alta, per via della forma concava della “sella” che si trova tra le due vette del comprensorio, l’Acuto e il Catria appunto. La presenza della Strada Consolare Flaminia, che si snoda alle sue pendici, è testimonianza del fatto che questa montagna fosse un riferimento geografico per i viaggiatori. La Gola del Burano, che costituisce il confine nord del Monte Catria, appariva come la migliore via di collegamento della costa Adriatica con Roma, come evidenziato dal Ponte Grosso, ponte a due arcate risalente al I secolo a.C. situato proprio ai piedi del massiccio.
Ma il Monte Catria gode di un posto d’onore anche in letteratura. Dante cita il monte nel Canto XXI del Paradiso della Divina Commedia:
«Tra ‘ due liti d’Italia surgon sassi,
e non molto distanti a la tua patria,
tanto che ‘ troni assai suonan più bassi,
e fanno un gibbo che si chiama Catria,
di sotto al quale è consecrato un ermo,
che suole esser disposto a sola latria».
Fonte Avellana, un monastero immerso nella natura
Secondo gli Annales Camaldulenses, nel 1318 il Poeta sarebbe stato in visita a Gubbio e, sempre in quell’anno, sarebbe stato ospitato a Fonte Avellana, al tempo un eremo abitato da una congregazione indipendente di monaci chiamati Avellaniti.
Santa Croce di Fonte Avellana è un monastero millenario situato a 700 metri sul livello del mare in una meravigliosa conca tra balze rocciose e folte faggete. Il suo primo nucleo risale approssimativamente al 980 d.C. quando una piccola comunità di eremiti scelse di dimorare in questa boscosa insenatura del Catria circondata da alberi di nocciolo (le avellane) e dalla sorgente d’acqua da cui prende origine il nome. Lo sviluppo di Fonte Avellana iniziò con San Pier Damiani, figura chiave del monachesimo occidentale che visse e operò nell’XI secolo, ed al cui operato si deve non solo il nucleo originario della costruzione, ma anche l’impronta spirituale, culturale e organizzativa che resero l’eremo un centro d’attrazione e di diffusione della vita monastica.
L”Orto dei semplici” e la farmacia naturale
I monasteri in epoca medievale furono non solo centri di potere politico e spirituale ma anche scientifico: l’Hortus simplicium è lo spazio in cui curare con i “semplici”, cioè quelle erbe officinali da cui trarre i principi attivi offerti dalla natura. L’orto dei monasteri è un luogo protetto e privilegiato in cui coltivare e studiare nel silenzio e nella quiete totale le piante utili al sostentamento e alla salute dell’intera comunità.
I veri “abitanti” del Monte Catria
Il Catria però non è solo spiritualità, è anche natura selvaggia come testimoniato dalla presenza di una coppia della rara Aquila reale che da sempre nidifica tra i dirupi della “Balza dell’Aquila” parete verticale sospesa sulle sorgenti del fiume Cesano a pochi passi dal confine tra Marche ed Umbria. Tra le tante specie di grande interesse naturalistico del massiccio troviamo la curiosa Coturnice, una sorta di piccolo fagiano di montagna, il Gracchio corallino, un raro corvide di alta montagna, e un piccolo nucleo di Mufloni, pecora selvatica dalle corna a spirale originaria di Sardegna e Corsica, frutto di un’introduzione degli anni ’70.
Il Cavallo del Catria
E ancora, i continui contatti con le genti della Maremma toscana, dovuti soprattutto alle attività dei carbonari, spiegano l’introduzione e l’influenza nella popolazione equina locale di cavalli maremmani che ha dato luogo ad una razza locale chiamata “Cavallo del Catria”. Negli anni del dopoguerra i branchi di equini si ridussero di molto ma la popolazione originaria, di derivazione maremmana, resistette nelle zone di montagna adatte al pascolo brado dei cavalli. Il cavallo del Catria è un animale robusto e rustico, idoneo al pascolo in aree marginali come i prati sommitali del massiccio e, mentre un tempo era utilizzato nei lavori agricoli montani, ora è prevalentemente sfruttato per la produzione di carne.
Un’esperienza indimenticabile a 1701 metri: la croce del Catria
Il Catria è una montagna che va meritata passo dopo passo. La vetta, situata a quota 1701 mslm, ospita un’enorme croce la cui storia risulta essere alquanto travagliata. L’originale fu collocata in occasione dell’Anno Santo del 1900 per volere dell’allora pontefice Papa Leone XIII che espresse l’idea di un solenne omaggio al Redentore. Ciò si tradusse nel posizionamento di 20 croci su alcune delle principali vette italiane. Tra queste venne scelto il Catria e il Comitato locale di Cagli, nell’arco di un anno, raccolse i fondi tra le diocesi di Marche e Umbria coinvolte nel progetto e arrivò alla realizzazione del monumento che fu inaugurato il 22 agosto del 1901. Nel 1907 però la potenza degli elementi naturali la distrusse parzialmente. La croce che possiamo osservare oggi fu installata nel 1963 e da allora sfida le intemperie e il susseguirsi delle stagioni dall’alto dei suoi 18 m.
Delizie e specialità del Catria
Infine, non possiamo parlare del Catria senza citarne gli aspetti enogastronomici. Di notevole interesse è la trota del Catria per la quale nel comune di Cantiano è stato fondato un centro di allevamento a fini alimentari. Tra i prodotti tipici del massiccio non possiamo dimenticare le squisite visciole di Cantiano ed il pregiato pane di Chiaserna. Quest’ultimo è ottenuto dalla panificazione di farina di frumento tenero di tipo “0″, lievito naturale, lievito di birra ed acqua delle sorgenti incontaminate di Cantiano, senza aggiunta di additivi, sia per la lievitazione, sia nell’impasto; è stato inserito nella Gazzetta Ufficiale Italiana come prodotto agroalimentare regionale.
E per concludere l’escursione con un brindisi…
Davvero singolare è inoltre il vino di visciole, prodotto tradizionale dell’Alta Marca in cui il vino viene tenuto a macerare tra le visciole e il loro sciroppo. La visciola è stata inserita nell’elenco dei prodotti tradizionali delle Marche: esse sono una varietà di ciliegia selvatica che cresce spontaneamente nella zona di Cantiano e su tutto il territorio regionale.
Insomma, non resta che allacciare gli scarponi: ci sono tanti passi da percorrere in questa montagna marchigiana e mille sfaccettature da scoprire nei suoi borghi e centri di interesse storico-culturale.
Pietro Spadoni