Azzorre, le isole di Atlantide

Azzorre, le isole di Atlantide

Le Azzorre, un piccolo arcipelago portoghese di nove isole perdute in mezzo all’Oceano Atlantico. Un luogo che conserva una magia nascosta, da cogliere negli sguardi delle persone che qui vivono o negli angoli di natura selvaggia raggiungibili a piedi, immersi in boschi che ricordano le foreste equatoriali quanto a stratificazione e complessità.

Qui non troverete lunghe distese sabbiose in grado di attirare un turismo balneare di massa né la barriera corallina ad arricchire la costa.
Quel che troverete sono isole nate lungo la dorsale atlantica, una frattura della crosta terrestre che nel corso di milioni di anni le ha generate grazie alla risalita di magma dalle viscere della terra. Come risultato di un’intensa attività vulcanica, le Azzorre ospitano caldere, grotte, crateri e tunnel generati dal movimento della lava durante i processi eruttivi che si sono susseguiti nel tempo.

Ogni isola è speciale e, pur essendo di piccole dimensioni, ognuna di esse rivela un proprio peculiare carattere distintivo. Nell’agosto 2013, siamo stati in alcune isole delle Azzorre centrali.

 

Faial, l’isola azzurra, è la prima ad ospitarci

Il nome è dovuto alla grande abbondanza di Ortensia (Hydrangea macrophilla), pianta dal grande fiore che qui forma lunghe siepi e vaste macchie dall’intenso colore azzurro.
Il cambiamento è subito brusco, un piccolo aeroporto, curato e tranquillo, i sorrisi spontanei degli autisti colpiscono subito il visitatore. La banchina del porto è ornata da centinaia di graffiti che, secondo la tradizione, i marinai disegnano durante la sosta lungo la traversata atlantica. Il contrasto tra la piccola comunità dell’isola, legata alle sue tradizioni, e la provenienza cosmopolita dei marinai è davvero forte.

L’isola è dominata dalla grande Caldera (1043 m), spesso coperta di nubi e di grande impatto emotivo per via del profondo e vasto cratere che ospita. Dalla caldera del Cabeco Gordo è possibile raggiungere a piedi, la Punta dos Capelinhos. Questa scenografica escursione, permette di immergersi nella foresta di Laurisilva tipica delle Azzorre e altrove quasi scomparsa a causa delle alterazioni dell’uomo. L’itinerario termina al Faro dos Capelinhos al cui interno è stato creato un interessante museo che svela la storia vulcanica recente dell’isola e la dinamica evolutiva delle Azzorre.

Da non perdere è anche il Peter Sport Cafè, che anima le serate della capitale e ospita lo Scrimshaw Museum, il museo dedicato all’arte baleniera. Si tratta di una collezione di denti e ossa di Capodoglio e mammiferi marini, decorati dall’insospettabile talento dei balenieri durante le pause di caccia.

 

 

Un comodo traghetto ci conduce all’isola di Sao Jorge, l’isola del queso

Dal latte delle tante mucche che costellano i profumati pascoli di quest’isola si produce, infatti, un pregiato formaggio a pasta semidura dall’aroma che ricorda la fontina valdostana. Una produzione di alta qualità, non industriale, secondo l’esprit di queste meravigliose isole.

Sao Jorge ha una geografia peculiare, una dorsale montuosa ne segue l’intero profilo, orientato in direzione NordOvest-SudEst. Ai piedi della dorsale di quest’isola lunga e stretta, troviamo tante fajas, piccole baie generate dalla frana delle pareti sovrastanti e colonizzate grazie al paziente e infaticabile lavoro degli abitanti. Alcune di questa fajas sono state abbandonate a causa delle difficoltà di accesso, alcune celano autentiche perle, imperdibili per il turista attento. Tra queste il Cafe Nunes, nella Faja dos Vimes. Qui i suoi gentilissimi gestori sono lieti di mostrare l’intera filiera del caffè, dalla pianta alla tazzina, nell’unica coltivazione di caffè in Europa.

Alla Faja da Caldeira do Santo Cristo troviamo invece un raro mollusco simile alle vongole, che è possibile degustare direttamente nel piccolo bar della baia. Ogni, faja, ogni villaggio, ogni chiesa hanno una loro storia e riviverla nei racconti degli isolani, coi loro sorrisi così sereni ed autentici, trasmette emozioni antiche, dimenticate per chi è abituato a vivere in continua lotta col tempo e gli impegni.

Ci spostiamo in traghetto a Pico

Pico, patria della tradizione baleniera, ora diventata regno dell’ecoturismo e del whalewatching, l’osservazione ravvicinata di affascinanti cetacei come balene, capodogli, delfini, orche.

In gommone si arriva ad affiancare le specie di delfini più confidenti grazie all’aiuto delle vicia, torri di osservazione che un tempo servivano per indicare la direzione nella caccia ai capodogli e oggi sono utilizzati per facilitare l’osservazione dei cetacei alle imbarcazioni in mare. Pico è anche cultura del vino.

E’ paesaggio protetto dall’Unesco per via dell’opera di sistemazione del territorio legata alla coltivazione della vite fatta nel corso dei secoli. Muretti, mulattiere, villaggi rurali, chiese e cantine realizzati in pietra lavica rendono la regione di Santa Luzia sicuramente imperdibile e la colonizzazione di muschi e licheni sul basalto nero crea un effetto cromatico davvero unico. Per i camminatori più esperti, un’avventura da non perdere è sicuramente la salita alla vetta di Monte Pico (2.351 m), la più alta del Portogallo, che domina l’intero arcipelago.

A malincuore, qui termina il nostro viaggio, con l’auspicio di tornare presto sull’arcipelago perduto…