05 Lug Isole Faroe, 6 parole chiave per coglierne l’essenza
Isole Faroe, 6 parole chiave per coglierne l’essenza
Le isole Faroer, frastagliato e aspro arcipelago del Mare del Nord che si trova nel punto di triangolazione tra Scozia, Norvegia e Islanda.
Vento. Nebbia. Nuvole.
Ma soprattutto Vento.
E Pecore.
Vi rimarranno impressi nell’anima i lunghi fiordi e la miriade di formazioni rocciose ad arco, a colonna, a strapiombo sul mare.
Le casette di legno colorate col tetto ricoperto di torba e fiori spontanei.
A piedi
Ci colpisce l’asprezza dei pendii e delle falesie.
Buona parte dei sentieri non è adatta a chi soffre di vertigini o teme gli strapiombi.
E neppure a chi soffre le salite ripide.
Per tutti gli altri lo spettacolo è garantito: fari mozzafiato, alcune delle falesie più alte d’Europa, formazioni rocciose singolari cui sono legate antiche leggende e folcloristici miti.
Le Pecore
Circa 70.000 pecore decorano le montagne e le aspre falesie dell’arcipelago e ci si chiede spesso come possano trovarsi lì.
E soprattutto come possano fare gli allevatori, dato che ogni pecora ha un legittimo proprietario, a recuperarle nei periodi per la tosatura o il ricovero nelle stalle.
Il segreto è il lavoro di gruppo.
Vicini di casa e amici allevatori si riuniscono insieme ai cani da pastore, e laddove possibile, ai mezzi motorizzati per recuperarle nei periodi della macellazione, tosatura o del ricovero invernale.
Nei mesi invernali il bestiame viene tenuto più vicino alle proprietà grazie all’alimentazione integrativa che viene loro fornita al tramonto per cui gli ovini tornano ben volentieri verso le stalle.
Lo skerpikjøt
Le pecore non vengono munte ma vengono allevate soprattutto per lo skerpikjøt, carne fermentata ed essiccata, una vera e propria religione nazionale ad esclusivo uso e consumo dei locali.
Questa carne non può essere infatti venduta per motivi sanitari legati alle regole europee che non tutelano questa produzione di nicchia.
Le selle o le cosce degli animali macellati vengono appesi ad appositi ganci è tenuta a stagionare nei capanni detti hjallur dotati di buona circolazione d’aria e posizionati in punti di non frequentati da mosche e altri ditteri.
Qui stazionano di regola per almeno 6 mesi da ottobre ad aprile e vanno periodicamente controllati per rimuovere eventuali larve di mosche o per verificarne la corretta essicazione e fermentazione.
Pulcinella di mare
Questo iconico uccello dei mari del nord si affolla in numeri di migliaia di esemplari in particolare sull’isola di Mykines e specialmente prima della migrazione che avviene di regola a fine agosto.
Il curioso nome Mykines (si legge “miciness”) deriverebbe da “isola dei maiali”, questo il significato del nome di origine celtica legata al frequente passaggio di balene e altre specie di cetacei, un tempo molto preziosi nell’economia di sussistenza dell’arcipelago.
Nonostante la caccia alla Pulcinella di mare a fini alimentari sia consentita, negli ultimi anni su Mykines è stata vietata, dato che si è osservato un consistente decremento di coppie nidificanti, probabilmente dovuto al crollo della popolazione di aringhe e cicerello (un piccolo pesce tipico dei fondali sabbiosi) nei mari artici, cibi preferiti della Pulcinella di mare.
Fino a pochi anni fa, non solo gli adulti di Pulcinella di mare erano catturati in maniera acrobatica con una sorta di lunghi retini ma persino le uova venivano largamente raccolte dai nidi calandosi dall’alto delle falesie, spesso a rischio della vita di coloro che praticavano questa raccolta.
Torshvan
La capitale, offre eventi artistici e musicali. E qui dimora quasi la metà degli abitanti dell’arcipelago, circa 20.000 persone.
Qui troviamo la sede del Parlamento, il Tinganes, pittoresco edificio rosso carminio e, poco distante, la cattedrale di Kirkjubøur, il “porto del re” con la più antica fattoria del paese.
Interessante opportunità di toccare con mano lo stile di vita faroese è dato dall’Heimablindi, che significa letteralmente “ospitalità a casa”, rivolta ai turisti che vogliono amalgamarsi con le tradizioni locali.
Grindadrap
Ah già. E poi c’è la grindadrap, la pratica della caccia al Globicefalo (un parente dei delfini che può superare i 7 metri di lunghezza) che ha reso le Faroer internazionalmente note e sotto il tiro delle critiche di buona parte dell’opinione pubblica europea.
Noi non siamo faroesi, non comprendiamo appieno il significato di questo sanguinoso rituale che è ritenuto intrinsecamente legato all’appartenenza a queste isole.
Dobbiamo però ricordarci che storicamente la sopravvivenza degli abitanti di questa manciata di isole in mezzo all’Oceano è stata legata alla possibilità di catturare dei Globicefali e altri Cetacei e di disporre per lunghi mesi del loro grasso, pelle e carne.
Oggi non è più così e la caccia ai globicefali ci auguriamo diventi una rappresentazione figurata di antiche tradizioni e ricordi di epoche passate, testimonianza di dure privazioni vissute su queste isole spazzate dal vento e in cui poche verdure e ortaggi possono crescere e limitate risorse sono disponibili.
Pietro Spadoni