
28 Lug I sapori dimenticati dei frutti selvatici delle Marche
I sapori dimenticati dei frutti selvatici delle Marche
I piccoli frutti selvatici spontanei che troviamo nei boschi o ai margini della campagne regalano sempre molta soddisfazione ai nostri palati. Sono sapori che nell’alimentazione comune sono caduti nell’oblio e solo i più curiosi ne vanno alla scoperta. Ecco qui di seguito la descrizione di alcuni di essi per poterli riconoscere durante le escursioni tra le valli, colline e montagne delle Marche.
Lampone (Rubus idaeus)
In alcune aree del Parco Nazionale dei Sibillini cresce spontaneo un arbusto della famiglia delle Rosaceae: il Lampone (Rubus idaeus). La radice, in passato usata per tingere i tessuti di rosso, e il frutto del medesimo colore conferiscono il nome latino rubus (da ruber ossia rosso) alla pianta. È un arbusto che possiamo ritrovare in ambienti boschivi, radure e margini di sentieri tra i 1000 e i 2000 m dove matura tra luglio e agosto.
Nella simbologia antica era considerato una pianta magica con influssi positivi sulla sfera amorosa e capace di proteggere la casa da influenze maligne se ne veniva appeso un ramoscello all’ingresso. È ricco di sali minerali, zuccheri e vitamine del gruppo B e C che vengono assorbite al meglio se il frutto viene consumato crudo (il sapore è ottimo). Trova molti impieghi nella produzione di confetture, gelatine, prodotti di pasticceria, liquori e come aromatizzante di medicinali con sapore sgradevole. I suoi semi contengono acido ellagico, interessante molecola con funzione antiossidante e antitumorale.
Corniolo (Cornus mas)
Nella maggior parte dei boschi misti e mesofili (che prediligono ambienti mediamente caldi e umidi) che compongono la vegetazione delle Marche troviamo il Corniolo (Cornus mas) i cui frutti sono chiamati corniole. Si presenta in stato di arbusto o piccolo albero ed è originaria dell’Europa Centrale ed Orientale. I frutti maturano tra fine agosto e metà settembre, sono rosso vivo e carnosi, di forma allungata simili a delle olive e spesso disposte a coppie. Se consumati freschi sono dissetanti e con spiccato sapore acidulo ma vanno raccolti a piena maturazione altrimenti risultano allappanti. Possono essere trasformati in confetture e gelatine da accompagnare a piatti di selvaggina.
Gelso (Morus alba / Morus nigra)
Passeggiando in campagna non è difficile incontrare lungo i margini delle strade e nei giardini le piante di Gelso. Questo albero ha rappresentato nella cultura contadina marchigiana fino a poche decine di anni fa un punto di riferimento sia per la produzione delle deliziose more di gelso che per la fornitura delle fogliame necessario per nutrire lo stadio larvale della farfalla bombice del gelso (Bombix mori) più comunemente nota come baco da seta. Per questo il gelso era una delle piante più usate nella coltura della “vite maritata” dove la pianta di vite veniva sorretta da un albero da frutto piuttosto che da un palo in cemento come invece avviene oggi.
Torniamo ai frutti, le more di gelso hanno forma simile alle più conosciute moro di rovo, ma più allungate, e ne esistono due tipologie (entrambe commestibili): more bianco-giallastro e rosso-nerastro. Infatti le specie di gelso sono due ben distinte: Morus alba e Morus nigra, entrambe provenienti dall’Asia e un tempo ampiamente coltivate nella nostra regione. Le more maturano a giugno e hanno un sapore dolce estremamente gradevole se consumate fresche, inoltre si prestano molto sia alla produzione di marmellate che in accompagnamento a formaggi stagionati o comunque molto saporiti.
Prugnolo (Prunus spinosa)
Il Prugnolo (Prunus spinosa) è una arbusto molto comune con numerose spine, come indica il nome scientifico, e fiori bianchi che sbocciano a febbraio-marzo sulla pianta ancora spoglia e priva di foglie. È di origine europea ed è molto facile incontrarla nelle siepi, ai margini dei boschi, lungo scarpate e terreni incolti dal livello del mare fino al piano montano di tutta la nostra Regione. I suoi frutti, le prugnole, hanno una forma globosa e sono di colore viola intenso.
Il loro sapore è estremamente aspro anche a maturazione, tanto da renderle immangiabili fino all’autunno. Però, se abbiamo la pazienza di attendere la fine del mese di novembre, i primi geli renderanno i frutti molto più gradevoli poiché le molecole responsabili del sapore aspro verranno degradate da processi biologici. È in questa stagione dunque, che ci si reca a raccogliere le prugnole per farne marmellate, ottimi liquori e per insaporire le carni arrosto. Nel fabrianese vengono impiegati per produrre un liquore medicamentoso utile a curare le stomatiti e le emicranie.
Rosa canina (Rosa canina)
Impossibile non notare le aggraziate fioriture primaverili di rosa selvatica che, sia in collina che in montagna, bordano i sentieri, le radure, i pascoli e i margini del bosco. Questa pianta, la Rosa canina, così come le sue congeneri, si trova su tutto il territorio marchigiano e produce un falso frutto, il cinorrodo che matura in autunno e anche’esso come le prugnole, diventa gradevole dopo i primi geli quando la buccia da rosso vivo diventa di colore più scuro.
Se consumata fresco il frutto di rosa canina è un’ottima terapia per l’avitaminosi: ha infatti una concentrazione di vitamina C 5 volte superiore a quella del più noto limone. Ha sapore molto gradevole e viene impiegato per produrre ottime marmellate in cui solitamente viene associata a della polpa di mele cotogne. Nelle campagne marchigiane le credenze popolari volevano che i cinorrodi di rosa canina proteggessero dal malocchio: per questo motivo si confezionavano impiegando questo frutto collane e braccialetti e venivano fatti indossare ai bambini.
Corbezzolo (Arbutus unedo)
Il Corbezzolo (Arbutus unedo), pianta sempreverde tipica della macchia mediterranea, è molto diffuso all’interno delle splendide leccete del Parco Naturale del Monte Conero ma risulta raro in tutte il resto della Regione. Ha portamento arbustivo e i suoi frutti sono costituiti da bacche rosse globose e rugose, larghe 2-3 cm di consistenza carnosa con polpa molle e granulosa di colore giallo.
I frutti maturi a fine autunno si consumano al naturale ed hanno sapore dolce con consistenza pastosa. In alternativa si utilizzano per la preparazione di marmellate, sciroppi e dolci. In autunno sulla pianta coesistono le foglie verdi, i fiori bianchi e i frutti rossi (derivanti dalla fioritura dell’anno precedente). La vista è talmente suggestiva da far riportare ad alcune fonti che il tricolore italiano sia stato ispirato proprio ai cromatismi di questo arbusto.
Pietro Spadoni